In un’intervista rilasciata nel ’56 a The Paris Review (la trovate nel volume numero 2 di quelli pubblicati da Fandango, 2010) William Faulkner afferma: “L’artista non ha nessuna importanza. La sola cosa che conta è quello che lui crea, perché non c’è niente di nuovo da dire. Shakespeare, Balzac, Omero, hanno tutti raccontato le stesse cose, e se fossero vissuti mille o duemila anni in più, gli editori non avrebbero avuto bisogno di cercare nessun altro”.
Sarà vero, ma ogni volta che sul mercato giunge un prodotto ancora poco conosciuto, se non inedito alle nostre latitudini, la curiosità sale a mille… proprio perché nasce dalla penna di Faulkner e non di altri. Così accade per la raccolta Poesie del Mississippi che esce domani per la prima volta in Italia per i tipi di Transeuropa. In un unico volume sono messe insieme le due raccolte scritte dal grande autore americano nel 1925 e nel 1926, quando la vittoria del Nobel per la letteratura (1949) era ancora lontana e la più grande ambizione di Faulkner era di affermarsi come poeta, piuttosto che come romanziere.
A cinquant’anni dalla morte dunque il lettore italiano può apprezzare le poesie di Faulkner: in particolare è una vera chicca la prima parte del volume, quella che contiene i 15 sonetti scritti per la bella Helen Beird, di cui lo scrittore s’invaghì perdutamente al punto tale da spingerlo a chiederle di sposarlo: dal rifiuto alla proposta di matrimonio nascono così i versi di Faulkner… Torna in mente De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.