Quel pomeriggio erano tutti riuniti nell’ufficio del commissario, l’ispettrice Minardi stava raccontando le storie familiari dei tre sospetti.
“Il falegname, Giuseppe Rispo, è figlio d’arte: il padre e prima ancora il nonno lavoravano in quella stessa bottega, durante la guerra hanno avuto problemi, come tutti ma niente di speciale. L’accesso al rifugio è stato murato subito dopo la guerra non si sa bene perché. Il Rispo non ha grossi problemi economici, la moglie fa l’assistente materiale, sarebbe la bidella, in un istituto religioso della zona. Lemmo Ciro ha una strana storia, ma successiva alla guerra. La madre è nubile, da giovane era bruttina e molto riservata, tre giovinastri della zona fecero una scommessa su chi riusciva a sedurla; uno ci riuscì e la ragazza rimase incinta, il padre del bambino si rifiutò di sposarla ma lo ha riconosciuto e ha sempre provveduto, come poteva, al suo sostentamento e la madre lo ha cresciuto con grande affetto, ora è sposato e dopo anni di lavori saltuari ha finalmente un lavoro, in sostanza, commissario, se ho capito quello che sta cercando apparentemente non è roso dal rancore. Il terzo, Pasquale Cosimo proviene da una famiglia di professionisti, il padre era avvocato e la madre insegnante, si sono rovinati economicamente e nella salute nel vano tentativo di cambiare il destino di questo unico figlio. Il figlio non sa cosa facessero durante la guerra, ha difficoltà a parlare della sua famiglia, non li ha più rivisti da quando, a ventidue anni, se ne andò di casa e, se ho capito bene, sono morti in una casa per anziani. Dei tre è certamente il più tormentato ma non ho trovato legami con la nostra storia.”
“Ma lasciatelo stare a Pasquale, non aveva motivo, tutti gli vogliono bene nel vicolo, lo hanno quasi adottato…- Sirica esitò un poco – poi secondo me questo è un delitto di donne!”
“Ah sì – intervenne aggressiva la Minardi – e come sarebbero questi delitti di donne? Siamo sempre alle solite: la donne sono istintive ed irrazionali, gli uomini invece sono logici e riflessivi”
“Sì, se proprio lo volete sapere, è proprio così – rispose Sirica non meno aggressivo – voi e il commissario vi siete fissati che non l’hanno uccisa per il tesoro ma per il suo passato di strozzina e va bene, posso anche essere d’accordo ma un uomo non l’avrebbe uccisa così, prima l’avrebbe ricattata, si sarebbe preso tutto e non solo la spilla, questo è un lavoro di donne, credetemi.”
“Calmati, Sirica – disse il commissario – cerchiamo di riflettere con calma. Vediamo un po’, anch’io penso che in criminologia non esista una distinzione di genere tuttavia in questo caso c’è come una suggestione. Vi ricordate il racconto della signora Carmela, come era tutta una storia di donne. Non sappiamo ancora abbastanza… che ne dite di quella ricerca scolastica di cui parlava il Rispo? Ispettrice, gliene ha parlato?”
“Non ne sa niente, quando gli ho chiesto se l’avesse letta si è mortificato, ha detto che non ne aveva avuto il tempo. Veramente gli ho chiesto di farmela avere, ma non credo che l’abbia già portata. Vado a chiedere.”
“Commissario – esclamò Landolfi mentre la Minardi usciva – stavo pensando: vi ricordate quella bambina sopra al basso della vittima, quella che mi sembrava una bertuccia? Noi allora cercavamo un drogato o almeno un ladro e non ci abbiamo fatto caso, ma se vi ricordate la bambina ha visto anche due suore.”
“Bravo, Landolfi, hai ragione! Sirica, cerca di sapere da tuo cugino chi sono.”
“Non penso che sono del vicolo, – obbiettò Sirica- perché se la bambina le conosceva le chiamava con il loro nome. Comunque ora esco e vado a chiedere, così la femminista ve la sopportate voi!”

(7. continua)