“Io non l’ ho mai tradita la mia regina. Ho cercato di salvarla invece, la mia dolce Giovanna. Per tanto tempo è stata come cera nelle mie mani, lei non era nata per essere regina, quando morì Ladislao era già avanti con gli anni e non sapeva niente di governi e alleanze, ma era bella…. Come era bella, e sontuosamente vestita, fu come un abbaglio per me che pur nobile appartenevo tuttavia al ramo meno illustre e non potevo gareggiare certo con lo splendore di Ottino. Ma fu lei a scegliermi, preferendomi a lui che pure l’aveva liberata dalla prigionia in cui la teneva il re francese, suo marito. Io allora avevo quaranta anni, ma ero bello e gagliardo e Giovanna fu presa da amore per me e per avermi mi nominò Gran Siniscalco e mi consegnò il regno. Come era bella la vita, allora, feste, intrighi, potere, il popolo ci amava. Finché mi ha ascoltato è andato tutto per il meglio…”
“Già, soprattutto per te, quanti feudi ti sei fatto dare? Guarda lui che da Viceré del Perù ha servito il suo sovrano ed è morto più povero di un plebeo.”
“Non mi giudicare, ai miei tempi se volevi difendere il tuo sovrano dovevi essere il più potente tra i baroni.”
“Il più potente… si è visto come è andata a finire. Tu assassinato e lei morta poco dopo e Napoli saccheggiata.”
“Se lei avesse continuato a darmi ascolto non sarebbe finita così, invece si è fatta plagiare da quella orribile Cobella, già, la sua cara nipote, brutta strega bigotta, deve bruciare in eterno, lei sì che ha approfittato della debolezza di Giovanna, l’ha aizzata contro di me, ha approfittato di ogni piccola cosa per mettermi in cattiva luce ai suoi occhi e alla fine è riuscita a farci litigare…. in fondo che le avevo chiesto?
“Già che le avevi chiesto, solo il piccolo feudo di Amalfi e Salerno!”
“Tu non puoi capire, il mio feudo di Capua era antemurale, ai confini, e in caso di necessità mi poteva essere tolto per la difesa del regno. Avevo bisogno di un feudo sicuro, lo capisci questo?”
“Ma Giovanna, per la prima volta dopo diciotto anni, ti disse di no. E tu non la prendesti molto bene o sbaglio?”
“Non mi provocare. Si è vero, dimenticai la prudenza che era sempre stata la mia forza e le dissi parole atroci. Ancora mi chiedo come ho potuto perdermi così. Offendere la mia regina! Certo non ci amavamo più, ma eravamo invecchiati insieme, la complicità tra noi non era mai venuta meno. In fondo poteva ridursi tutto ad un litigio tra vecchi amanti ma la verità è che Ottino e Cobella non vedevano l’ora di liberarsi di me. Traditore fu Ottino, mi odiava perché io, meno nobile di lui per lignaggio, ero salito a tanto onore e potere, mentre lui che aveva rischiato tutto per liberare Giovanna e riportarla a Castel Capuano, restituendola all’amore del popolo, lui aveva bisogno della mia protezione. Io non gliela ho fatta mai mancare e lui come mi ha ringraziato? Si è alleato con Cobella e ha ordito contro di me l’orribile congiura. Sì, la regina era adirata, ma voleva solo farmi pagare la mia arroganza senza interrompere del tutto il nostro legame e infatti aveva consentito che le nozze tra mio figlio Troiano e la figlia di Caldora si celebrassero a corte in quel castello che era il luogo del nostro amore e del mio potere e dove avevo un appartamento a me riservato. Giovanna lo sapeva che io non l’avrei mai tradita e non avevo tramato per dividermi il regno con Caldora come cercarono di farle credere i miei nemici. Che cerimonia grandiosa fu lo sposalizio di mio figlio, c’era tutta la nobiltà, balli, canti, una cena sontuosa….Io mi ero ritirato stanco nel mio appartamento sicuro che l’indomani avrei riconquistato la benevolenza della regina, quando udii dei colpi alla porta, era quel servo tedesco e traditore, Squadra, che marcisca all’inferno!.. che da dietro l’uscio mi diceva di correre perché la regina aveva avuto un colpo di apoplessia e voleva vedermi: mentre cominciavo a rivestirmi tolsi il chiavistello alla porta perché entrasse e mi riferisse meglio, ma fu un errore, non feci a tempo a capire e così come ero, con un piede calzato e l’altro no, mi trafissero vigliaccamente e buttarono il mio corpo dalla finestra del castello ed io giacqui così sul selciato insanguinato e malvestito. Io che avevo avuto la città ai miei piedi dovetti aspettare che due monaci di San Giovanni a Carbonara venissero a prendermi e con due soli lumi mi portassero alla sepoltura…E Giovanna, Giovanna rimase in balia dei miei nemici. Mi dichiararono traditore e mi espropriarono dei beni eppure Giovanna pubblicamente dichiarò che lei mai aveva ordinato di uccidermi e questo era stato fatto contro la sua volontà. Tuttavia rimase in balia dei miei nemici e dopo poco morì anche lei e così finirono gli Angioini perché quegli avidi incapaci non seppero gestire la successione e consegnarono Napoli ai nemici, anche se il popolo era con loro e difese strenuamente la città. Le nostre possenti mura si mostrarono ancora una volta inespugnabili e solo il tradimento poté vincerle. Quei traditori stiamo aspettando, ragazzo – disse improvvisamente rivolto all’impietrito Landolfi – vogliamo proprio vederli passare quelli che hanno stravolto la storia e per questi antri sotterranei fecero entrare i nemici e consegnarono la città al saccheggio della soldataglia spagnola. Così finì per sempre il mio mondo e lo splendore della mia famiglia.”

(2.continua)