Corrado Bisca se ne stette in silenzio per un poco, coprendosi il volto con le mani, poi rivolto a Sirica e Landolfi che si erano messi alle sue spalle, cominciò:” Non vi preoccupate, ormai ho deciso, vi dirò tutto, preferisco pagare e lasciare che la mia famiglia si goda questi soldi. Allora, Tommaso ed io giocavamo da un po’ di tempo questa schedina, è vero, erano le date di nascita nostre e dei nostri familiari. Giocavamo una volta per uno, diecimila lire a testa, così capitava che uno anticipava i soldi per l’altro e poi si rifaceva la volta successiva. Il sabato toccava a Tommaso e così quella sera la schedina la teneva lui. Io ero in servizio, arrivato al capolinea sono entrato nel bar proprio mentre la televisione diceva i numeri usciti. Ho capito subito che avevamo vinto, non so come mi sono trattenuto e non ho urlato. Sono corso fuori e col cellulare ho chiamato Tommaso ma lui mi ha bloccato, non ci potevo credere, diceva che aveva vinto solo lui, che la schedina era sua e non voleva più dividere. Veramente subito non mi sono tanto preoccupato, era vecchio e si poteva capire se era un poco sconvolto, così gli ho raccomandato di non dirlo a nessuno e di conservare bene la ricevuta. Poi sono ripartito con la vettura ma mi è cominciata a venire un’angoscia, non riuscivo a guidare, pensavo sempre a quello che poteva combinare Tommaso, così ho telefonato ad Alfredo e mi sono inventato il fatto di mia moglie per farmi sostituire. Alfredo è un vero amico, ha capito che doveva essere successo qualcosa e non si è fatto pregare. Sono corso a casa di Tommaso, mi dovete credere, volevo solo mettere in salvo la schedina, ma lui si è spaventato, è scappato, io gli ho messo una mano sul braccio, ma lo volevo solo fermare, non volevo fargli del male, lui mi ha aggredito, io mi sono difeso, poi non so come lo ho colpito al mento e lui, cadendo, è sbattuto sullo spigolo di marmo ed è morto. L’ho capito subito che era morto, non ho capito più niente, non ho cercato nemmeno la schedina e sono scappato. Devo essere tornato all’appuntamento con Alfredo ma non mi ricordo niente. Poi è cominciato l’inferno, ero ossessionato da quella schedina, ero sicuro che qualche poliziotto se la fosse presa, allora una mattina che i ragazzi erano usciti, appena mia moglie è scesa a fare la spesa, ho preso le sue chiavi e sono entrato a casa di Tommaso e la schedina era là, incastrata sotto il piede del comò, l’ho nascosta nel cassetto di mia moglie e ho cominciato a pensare a come incassare tutti quei soldi, ho perfino cercato di parlare con l’avvocato Danise ma poi mi mettevo paura che capiva qualcosa e cambiavo argomento. Commissario, questo è tutto, vi ripeto non lo volevo uccidere, mi dovete credere. Maria, tu mi credi che non volevo, è stato tutto un incidente. Vuol dire che era destino. Ma ora, commissario, i soldi rimangono a mia moglie, lei non ne sapeva niente…”
“Certo, penso che i soldi siano comunque vostri anche se, moralmente, sarebbe giusto dare la metà di Tommaso Gargiulo ai figli.”
La signora Bisca mise da parte le lacrime ormai inutili e prese in mano la situazione: “Questo è fuori di dubbio, la metà spetta ai figli, anche se non potremo mai compensare il male che gli abbiamo fatto. Tu, Corrado, non ti preoccupare, con tutti questi soldi ti metterò il migliore avvocato del mondo, il principe di tutti i fori e vedrai che ti farà avere poco. Non è vero, commissario? In fondo non è proprio un omicidio, mio marito…”
Luigi Dauria avrebbe voluto abbracciarla quella donna coraggiosa, disposta a tutto per salvare prima il figlio e adesso il marito, invece disse severamente: “Signora, questi sono fatti sui quali non spetta a me giudicare, ci penserà il magistrato. Ora saluti suo marito perché è il momento di portarlo via.”
Con inaspettata dignità i coniugi si salutarono senza strazio, la moglie ripeté più volte al marito di stare tranquillo perché Tommaso lo aveva perdonato ed al resto avrebbe pensato lei. Quando era ormai sulla porta Corrado Bisca si voltò e con voce rassegnata disse: “Maria, cercate di lasciarmi qualcosa per quando ritorno!”
Quando tutto fu finito, il commissario uscì sul terrazzo a guardare la sua Certosa che splendeva impassibile sotto il cielo stellato.

(17.fine)