Quella sera stessa,verso le sette, erano tutti riuniti nell’ufficio del commissario. C’erano i figli della vittima, i coniugi Bisca, l’avvocato Danise, gli agenti Sirica e Landolfi e ovviamente il commissario. L’atmosfera era tesa ed i poliziotti non facevano niente per alleggerirla anzi…
“Signori, – cominciò il commissario – vi ho qui riuniti perché riteniamo di aver identificato l’assassino di Tommaso Gargiulo. Abbiamo perso parecchio tempo a capire il movente di questo delitto che appariva del tutto ingiustificato, mentre è stato subito chiaro che bisognava escludere l’ipotesi della rapina da parte di uno sconosciuto. Infatti abbiamo accertato che il Gargiulo conosceva il suo assassino in quanto porta e finestre non presentavano segni di manomissione. Tuttavia né la situazione economica né le relazioni sociali dell’ucciso sembravano offrire motivo per un così efferato delitto. Alla fine ci siamo dovuti arrendere alla voce del popolo che aveva già trovato la motivazione del delitto in una straordinaria vincita al superenalotto. Sissignore – continuò il commissario al di sopra delle esclamazioni di sorpresa e di incredulità del suo uditorio – abbiamo accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, che il signor Gargiulo, giocando un semplice sistema di poche colonne, venticinque per la precisione, per un ammontare di ventimila lire, ha realizzato l’unico sei del concorso del 20 giugno, vincendo cinquantaquattro miliardi di lire.”
Le esclamazioni a quel punto divennero così vivaci e scomposte che il commissario fu costretto ad interrompere il suo discorso e attendere che Sirica e Landolfi riportassero calma e silenzio nella stanza.”
“E dove sarebbe questa fantastica schedina?” chiese con tonno provocatorio Angelo Gargiulo.
“Non è stata trovata, ma sappiamo che qualcuno, nei giorni successivi al delitto, ha rotto i sigilli messi da noi alla porta d’ingresso per non toccare poi, apparentemente, nulla. Abbiamo la ragionevole certezza che l’assassino è tornato per prendere quella che era stata la molla del delitto e cioè la ricevuta della giocata vincente. Ma chi poteva sapere, già dopo due, al più tre ore da quando i mezzi di comunicazione avevano diffuso la combinazione vincente, che Tommaso Gargiulo era il…non oso dire fortunato vincitore? Qualcuno di cui il poveretto si fidava tanto da comunicargli immediatamente l’avvenimento? O non piuttosto il suo compagno di gioco?”
Di nuovo non si capì più niente: i due fratelli, come belve scatenate, pretendevano l’immediata consegna della ricevuta da parte degli agenti o degli altri presenti che si guardavano intorno con aria smarrita ed esclamazioni di incredulità. La signora Bisca ad un tratto urlò: “Vergogna! Comportatevi da cristiani! State zitti, sentiamo che ha da dire il commissario.”
“Grazie, signora – disse lui ironico – Allora, stavo dicendo che siamo sicuri che Tommaso Gargiulo aveva un compagno di gioco. Si recava, infatti, solo il sabato nella ricevitoria più vicina per effettuare sempre la stessa giocata, questo da almeno otto settimane. Ora a detta degli esperti è praticamente impossibile che qualcuno giochi la stessa combinazione di numeri il sabato e trascuri di giocarla il mercoledì. Questo ci ha convinti dell’esistenza di un socio che provvedeva a farlo. Vi dico subito, e qualcuno dei presenti lo sa bene, che questo socio è un giocatore di altro tipo e, purtroppo per noi, non frequenta mai la stessa ricevitoria. Così abbiamo potuto solo accertare che schedine del tutto uguali per colonne, numeri ed importo sono state giocate per otto mercoledì in ricevitorie sempre diverse e molto distanti tra loro. Questo ci ha impedito di realizzare un identikit e tuttavia siamo riusciti ugualmente a sapere chi era il socio di Tommaso Gargiulo, chi è stato, malgrado il rapporto di affetto che li legava, a sferrare quel pugno micidiale che ha troncato la vita di quell’uomo mite, sempre ligio al suo dovere, sempre gentile e generoso con tutti…”
Il pianto della signora Bisca, iniziato con discrezione, era diventato incontrollabile e la donna oramai singhiozzava senza ritegno.
“Perché, signori, i numeri hanno parlato! La combinazione vincente era formata dalle date di nascita dei due soci. Sì, lo so, avete tutti un alibi per quella drammatica sera, ma uno non è del tutto vero. Sirica, fai entrare il nostro testimone.”
Nel vedere entrare Alfredo Maida, scortato come da un angelo custode dall’agente Minardi, il viso della signora Bisca si distese in un sorriso che rimase però sospeso e titubante quando si voltò verso il marito e lo vide immobile, quasi pietrificato.
“signor Maida, volete ripetere quello…”
“Corrado, ma che sta succedendo? – la voce di Alfredo era rotta dall’emozione – Io non sto capendo niente, capisco solo che ho fatto un guaio, non avevo capito che questa era della polizia…questa non è una donna, è una diavolessa – disse indicando Ester Minardi – se ne è venuta stamattina, dicendo che doveva fare una ricerca sullo stress, insomma mi ha così riempito di chiacchiere sulla depressione, la solidarietà tra colleghi, mi ha tanto provocato che insomma io, perdonami Corrado, non ho riflettuto e le ho raccontato il fatto che tu ti mettevi paura che tua moglie ti tradiva e volevi andare a controllare…”
“Ma che stai dicendo! – la signora Bisca schizzò in piedi – sei uscito pazzo? Quando mai Corrado ha dubitato di me!”
“Scusami, Maria, scusami, tu non c’entri niente, tu sei una santa, sono io che sto uscendo pazzo, mi debbo togliere questo peso dal cuore…” Anche Corrada Bisca ora piangeva, ma con grande sforzo riuscì a rendere la voce ferma, quasi di sfida:
“Commissario, io lo so che non mi potete fare niente, che avete montato tutta questa sceneggiata per costringermi a parlare e io parlerò, potrei confermare per filo e per segno quello che vi siete fatto dire da quel poveretto del mio amico, siete…lasciamo stare, tanto contro di me non avete prove. E’ vero, la sera del delitto, mentre ero in servizio, ho telefonato ad Alfredo e lo ho pregato di sostituirmi una mezzora sulla vettura perché volevo andare a spiare mia moglie. Lui mi ha accontentato perché ha pensato che, per fare una richiesta così assurda, dovevo veramente stare male con la testa. Avevo calcolato bene i tempi, ce l’ho fatta ad andare a casa con il motorino di Alfredo e poi tornare prima che arrivasse al capolinea, la mia è una linea circolare e, ma tanto già lo sapete, passa molto vicino a casa mia. E allora? Che c’entra questo con Tommaso Gargiulo? Sono un una botte di ferro…”
“Stai zitto, Corrado! – esclamò la moglie che finalmente cominciava a capire – Stai zitto, non dire più niente, non ti possono fare niente loro!”
“No, Maria, lasciami parlare, tanto per me quei soldi ormai sono bruciati, non me li potrei mai godere. Maria, io me lo sogno tutte le notti, appena mi addormento Tommaso compare, mi sorride e poi se ne va…”
“Ti sorride? E allora non ti preoccupare! – la signora Bisca accarezzava il volto sconvolto del marito – Non ti preoccupare, se ti sorride vuol dire che ti ha perdonato e sta in Paradiso, ti viene a dire proprio questo, che ti perdona, hai capito?”
“Insomma – urlò Mario Gargiulo – potremmo capire anche noi qualcosa? Commissario, è lui che ha ucciso mio padre?”
“E la schedina, – intervenne il fratello – di chi è ora? chi la tiene?”
“La schedina è di mia moglie e lei la tiene conservata.”
“Ma io non la tengo!” Si lasciò sfuggire la donna.
“Si, Maria, la tieni, sta sotto la carta del cassetto dove tieni le tue cose.”
“Basta! . urlò finalmente il commissario – questa è una indagine di polizia e non una riunione familiare, non vi dimenticate che stiamo parlando di un delitto e stiamo accusando qualcuno di omicidio! Allora, signor Bisca, ci vuole fare, con ordine, la sua deposizione o preferisce chiamare prima il suo avvocato? Le ricordo che quello che lei dirà sarà messo a verbale.”
(16.continua)