A volte visitare i luoghi rievocati aiuta a penetrare meglio le atmosfere dei libri. A volte i posti vissuti dagli scrittori svelano la loro opera. E il viaggiare diventa tutt’uno con la lettura. E viceversa.
Da tempo mi prende una domanda. E da giorni sono tentato di girarla ai 25 visitatori unici di Scecspir.
In fondo i libri non sono degli immensi atlanti, delle grandi mappe in grado di svelare i luoghi geografici e non soltanto dell’animo/a?
Però poi quando ci rifletto resto ancora più convinto che a quella domanda ci sia solo una risposta e quella è affermativa.
In altre parole, provo a riassumere quella domanda iniziale – che forse ai miei 25 visitatori unici potrà sembrare un po’ cerebrale – in quesiti più concreti?
Leggendo l’Ulisse non viene voglia di passeggiare per O’Connell Street?
E viceversa: curiosare per le vie e i pub di Dublino, magari imbattendosi con un po’ di fortuna nel Bloomsday, non suscita il desiderio di cimentarsi con l’opera di Joyce?
Maigret/Simenon non svela forse i tesori disseminati a Parigi tra Montmartre e Pigalle, tra il Marais e i canali navigabili della Senna?
La Provenza e la Camargue non sono forse le cornici ideali per gli affreschi di Ernest Hemingway? E non è così per Praga e Franz Kakfa o per Italo Svevo e Trieste?
Ma senza andare così lontano dalla mia città: quel luogo dello spirito che fu l’amore di Boccaccio per la sua Fiammetta può prescindere dalla rievocazione che lo scrittore stesso ne fece, ambientando e circoscrivendo l’innamoramento durante le funzioni del Sabato Santo nella Pasqua del 1336 all’interno della chiesa francescana di San Lorenzo Maggiore, nel cuore dei vicoli di Napoli?
(1.continua)
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