Quando la chiamarono dal commissariato la signora Bisca non sapeva se essere spaventata o contenta. La paura di ricevere una terribile notizia, infatti, era compensata dal pensiero che, conversando con il nemico, poteva conoscere le sue mosse ed eventualmente depistarle. si mostrò molto disponibile ma chiese di andare lei nell’ufficio perché, disse, il marito era stanco e voleva dormire. La verità era che voleva evitare che il marito sentisse quello che il commissario aveva da dirle, l’esperienza le aveva insegnato che era meglio tenerlo all’oscuro dei guai, finché possibile.
Arrivò in commissariato nella tarda mattinata dopo aver predisposto tutto per il pranzo, era tranquilla su questo perché la figlia, che tornava presto dagli esami, poteva mettere a tavola anche per il fratello, se lei stessa non fosse giunta in tempo.
Si mise comoda sulla sedia,posò la borsa a zainetto affianco a lei e cercò il migliore dei suoi sorrisi:
“Sono contenta di essere venuta io, qui è più bello di casa mia e poi possiamo stare tranquilli. Che bel panorama che avete!”
Il commissario chiamò al telefono interno ed ordinò:”Facci portare due caffè ed una bottiglia d’acqua – e poi rivolto alla donna – non sarà buono come il vostro ma volevo ricambiare. Allora, come va? vi ho voluto parlare perché l’altro giorno è stato qui il figlio della vittima, Angelo, e, tra le altre cose, ci ha fatto capire che ci potrebbe essere qualcosa nel passato della madre o almeno nei suoi rapporti con il Gargiulo, perché non voleva…”
“Quel disgraziato! – quasi urlò la signora, lanciandosi a capofitto sull’argomento – quel mentitore, ma come si permette di infangare così la memoria di sua madre e pure di quel sant’uomo, che riposi in pace. Commissario, statemi a sentire, quello ha paura che voi indagate su di lui e vi vuole far perdere tempo, non gli credete. Piuttosto controllate lui che va facendo, che ha sempre bisogno di soldi e non si capisce a che gli servono…”
Il commissario riuscì a dire: “Quindi secondo voi, il fatto che la madre non lo facesse chiamare papà non significa niente?”
“E che deve significare? e poi, quando mai, lei non è che non voleva…è che il padre era morto quando erano piccoli e lei forse non glielo voleva far dimenticare.”
“Va bene, questo è assodato. Adesso vorrei sapere: per caso giocavate la schedina con il signor Gargiulo?”
“Chi, io? Ma quando mai, io non gioco, sono solo soldi buttati, credetemi, commissario, soldi bu-tta-ti. e poi sembra fatto apposta per far litigare le persone. Figuratevi che anni fa, nel palazzo, giocavamo un sistema tutti insieme. A parte che non abbiamo mai vinto, ma poi succedevano un sacco di discussioni: ve lo avevo detto che dovevamo giocare così, no colì, dopo che erano usciti i numeri erano tutti scienziati! Allora ad un certo punto fummo proprio io e la signora Gargiulo a dire leviamo mano perché qui da che siamo tutti amici diventiamo nemici e da allora non si è più giocato e in casa mia non ne voglio sentire parlare.”
“E invece il signor Gargiulo giocava, magari con un altro?”
“Non lo so…aspettate, sì, penso che giocava, mi sono ricordata che una volta che stava malato chiese al figlio di giocargli una schedina, gli diede pure i soldi e il figlio lo prese in giro perché, secondo lui, era una miseria, mo’ non mi ricordo quanto era ma facciamo venti-trenta, ma non so se da solo o no.” Concluse la signora un po’ dispiaciuta perché le piaceva essere precisa.
“E va bene, anche questo punto è assodato. Ora, in tutta confidenza, secondo voi Tommaso Gargiulo era ricco?”
Intanto era arrivato il caffè e la signora Bisca assaporò, insieme al primo sorso, il piacere di spettegolare con un interlocutore così inusuale. Dopo una pausa dignitosa attaccò:
“Io i fatti del signor Gargiulo non li so, però vi posso dire che la casa è sua, anzi era della moglie, lo so perché una volta i figli la volevano vendere ma lui non volle perché doveva andare a vivere con Mario e lui non va d’accordo con la nuora. Poi prendeva una bella pensione, non so di quanto perché se la faceva mettere direttamente sul conto un banca, però teneva pure dei soldi in casa, lui si credeva di tenerli nascosti ma lo sapevano tutti che stavano in cucina, dentro ad un barattolo di caffè vuoto. A proposito, ci stanno ancora? non è che se li sono presi?”
“Non lo so. Sirica! – chiamò il commissario – sai niente dei soldi dentro un barattolo di caffè?”
“Si, commissario, scusate, mi sono scordato di dirvelo. Ieri il figlio più giovane ha chiesto di essere accompagnato a casa, è andato sparato in cucina ed ha preso da un barattolo un rotolo di banconote, non mi voleva dire quanto era ma io ho detto che lo dovevo mettere a verbale e…insomma erano quasi due milioni!”
“Va bene, signora, grazie della collaborazione, se vi ricordate qualcosa ci chiamate.” La stuzzicò il commissario.
Quando la donna fu uscita Sirica esclamò: “Ma allora si sapeva dei soldi e nessuno li ha presi. Commissario, qui o è stato Angelo o veramente il furto non c’entra e c’entra invece la schedina.”
“Vedremo, li state controllando i giovani? Voglio dire il figlio della Bisca, le studentesse, il pregiudicato che abita nel basso…”
“Abbiamo incaricato l’agente Minardi, sapete, una donna da meno nell’occhio.”
“Questa è buona, la Minardi che non da nell’occhio! Comunque, ha già fatto un rapporto? Ha trovato qualcosa?”
“Non ancora, datele tempo!”
“Com’è che oggi la difendi?”
“Che volete, stiamo in trattative…” Sirica fece una faccia allusiva.
“In trattative? Che ti devi comprare?”
“Ma niente, commissario, in trattative per un’altra cosa.” Sirica cercò di fare una faccia ancora più allusiva. Finalmente il commissario esclamò: “No! Non ci posso credere, tu e la Minardi! Questa è veramente incredibile, una così splendida ragazza e poi giovane, mettersi con te che, diciamo la verità, non sei proprio un Adone…”
“Perché, che avete da dire, quando mi metto elegante faccio la mia figura…e poi, commissario, non è vero niente, con voi non c’è sfizio, vi credete tutto! – si interruppe perché lo vide mortificato – Vi siete offeso?”
Dopo un poco, pensosamente, Luigi Dauria disse: “Non mi sono offeso perché è la verità. Vedi, quando entrai in polizia, il mio capo, come prima cosa, mi chiese se ero un uomo di mare o di terra ed io, intuendo quello che lui preferiva, risposi che ero un uomo di mare, ma senza capire. Ora, lavorando qui e soprattutto con te, ho capito quello che in tendeva. Io sono irrimediabilmente un uomo di terra , perché non ho ironia, mi manca la capacità di trovare sempre la battuta giusta, capacità che richiede fantasia, velocità…io sai come sono? Come un bue che lentamente trascina il suo aratro e fa un bel solco dritto e profondo, magari arriva allo stesso punto tuo ma tu ci sei arrivato dall’alto, con l’elegante leggerezza di un pettirosso.”
“Commissario, io vi stimo perché voi su una mia scemenza ci riuscite a fare tutta questa filosofia.”
(9.continua)