Premessa

In questo racconto gli avvenimenti del passato sono attestati dalle cronache, i sentimenti no. Il Gran Siniscalco, il Viceré del Perù e l’Ammiraglio sono ispirati a personaggi storici, appartenenti a rami diversi della stessa, tuttora illustre, famiglia italiana. Chi sono?
Qualche data di riferimento: 535 d.C.
Le truppe di Bisanzio, guidate dal generale Belisario, dopo aver tentato invano di espugnare le possenti mura greco-romane, penetrano in città attraverso un passaggio segreto nell’acquedotto sotterraneo. Cacciati i Goti, Napoli diventa bizantina.
1266-1441
Gli Angioini regnano a Napoli, per circa due secoli. lLultima regina, Giovanna II d’Angiò Durazzo, muore senza eredi. Dopo alcuni anni di anarchia, scontri e assedi, Alfonso d’Aragona riusce ad entrare in città attraverso quello stesso passaggio.
1504-1707
Napoli è parte del Regno di Spagna e quindi di un grande impero coloniale. Segue, fino al 1734, un breve periodo di dominazione austriaca.
1734
Carlo di Borbone diventa re del Regno di Napoli, di nuovo autonomo ed indipendente.
1799
Mentre l’esercito francese avanza verso Napoli, il re Ferdinando di Borbone, protetto dagli Inglesi, fugge a Palermo; i patrioti liberali proclamano la Repubblica Partenopea, ispirata agli ideali della Rivoluzione francese. Dopo pochi mesi, la città è riconquistata dal cardinale Ruffo a capo delle truppe sanfediste, il re, sempre scortato dagli Inglesi, rientra a Napoli e si vendica ferocemente.

Per il Maggio dei monumenti avevano deciso di aprire al pubblico un altro tratto dell’acquedotto meglio noto come Napoli sotterranea. Come al solito c’era una gran confusione ma nessuno si preoccupava, tanto lo sapevano che misteriosamente sarebbe stato tutto perfetto per l’apertura, tra poche ore. Mario Landolfi che, nel tempo libero dalla famiglia e dal lavoro, sfruttava il suo diploma facendo l’elettricista volontario per l’associazione, doveva completare il sistema di illuminazione. Arrivò come sempre in ritardo e, posteggiando la moto nell’ampio cortile, salutò con la solita frase: “Non mi dite niente, è tutto bloccato.” Landolfi era un tipo affidabile e aveva sempre fatto un buon lavoro così, visto che c’era tanto ancora da fare, l’ingegnere e presidente dell’associazione lo lasciò andare giù da solo. L’ingresso ai sotterranei si trovava in un antico palazzo nobiliare, da molti anni, anzi secoli, trasformato prima in collegio e poi in scuola pubblica.
Landolfi, con torcia e pianta dell’acquedotto, si avviò per la scala di accesso.
Percorse speditamente il tratto già illuminato poi, un po’ prima che il buio diventasse totale, accese la luce dell’elmetto e anche la torcia, per sicurezza, e guardando la pianta si avviò per il nuovo cunicolo.
Era sceso un sacco di volte ed era abituato al silenzio, al buio, all’odore di tufo, alla consistenza dell’aria eppure ancora, quando era da solo, provava una indefinita sensazione di spaesamento, come se sentisse tutta la storia passata di lì.
Ogni tanto si fermava e tracciava dei segni sulla parete e sulla carta per indicare dove andavano collocati i faretti. Il nuovo tratto non era grande ma comprendeva tre ampie cisterne piene di graffiti di varie epoche che, già le sentiva, avrebbero suscitato esclamazioni di sorpresa e risatine maliziose tra i turisti; c’era poi uno strettissimo cunicolo che collegava la prima e la terza cisterna ed anche questo avrebbe suscitato tra i turisti discussioni e incertezze per decidere se si dovesse seguire la via ampia o passare in fila indiana per la via stretta, poi ci sarebbe stato qualcuno, in genere una donna, che a metà avrebbe avuto una crisi di claustrofobia e avrebbe preteso di tornare indietro.
“Insomma le cose che piacciono tanto ai visitatori” concluse mentalmente.
Proprio mentre seguiva il cunicolo si accorse che la parete non era continua ma aveva una rientranza. Girò verso di questa il fascio potente della torcia e si accorse che la rientranza era in realtà uno stretto passaggio. Era sicuro che sulla mappa non era segnato, lo spazio era così angusto che non riusciva nemmeno a tenere la carta ben aperta, comunque vedeva chiaramente le tre cisterne che formavano come un angolo retto ed il cunicolo che ne era l’ipotenusa, sicuramente sulla sinistra, cioè sul lato opposto all’angolo retto, non c’era nessuna apertura. Pensò per un attimo di essersi perso ma si ricordò subito che la mappa riportava solo le zone già messe in sicurezza e quello era evidentemente un cunicolo ancora inesplorato o comunque ancora invaso da macerie e rifiuti. Probabilmente avevano solo dimenticato di segnalare l’accesso. Ora doveva risalire e avvisare sopra di sbarrare questo vano prima di aprire al pubblico, tuttavia Landolfi senza pensarci su anzi dimenticando che era severamente proibito inoltrarsi da soli in zone nuove, vinto dalla curiosità, richiuse la mappa e entrò nel cunicolo, non a caso faceva il poliziotto e lo speleologo dilettante.
A terra c’era il solito ingombro di pietre e rifiuti ma il cammino era agevole e subito giunse in un primo vano e poi in un secondo poi a destra, quasi ostruito da un cumulo di macerie, vide l’ingresso di uno stretto passaggio. Si arrampicò su carcasse di motorini, mattonelle rotte e pezzi di elettrodomestici, improvvisamente si rese conto che il buio non era più così fitto, in fondo si vedeva un bagliore. “Ci deve essere un pozzo aperto, pensò, ecco perché ci sono tanti rifiuti.” Spense la torcia e restò perplesso, il bagliore aveva uno strano colore bluastro, diverso da quello che conosceva dei pozzi aperti nei cortili dei palazzi circostanti. “Vado ancora un po’ avanti e poi torno indietro.” si disse e andò incontro allo strano chiarore. Alla fine del cunicolo si vedeva una vasta cisterna ma anche qui l’accesso era per metà sbarrato, a Landolfi parve quasi di sentire delle voci e la luce si era fatta decisamente blù. Sporse il capo al di sopra delle macerie e rimase di stucco: tre persone bluastre e trasparenti erano sedute su cassette della frutta intorno ad una cassa che usavano come tavolino perché stavano facendo una partita.
“E’ una allucinazione, troppi videogiochi.” pensò.
Ma uno, senza smettere di studiare le sue carte trasparenti, disse:
“C’è qualcuno.”
“Sarà Battistello.” rispose un altro.
“Impossibile, – disse il terzo – fa rumore.”
Allora il primo, con voce sicura, intimò:
“Chi va là?”
Il povero Mario si dimenticò la paura e, come un soldato, si presentò:
“Landolfi Mario, signore.”
Obbedendo come un automa all’ordine che il personaggio in blù gli dette, superò l’ostacolò e, inciampando maldestramente, si avvicinò.
“Sai giocare a tressette? Stavamo giocando con il morto, vuol dire che giocheremo a tressette con il vivo!” E rise in maniera orribile.
Quello che aveva parlato sembrava il più autorevole e anche il più antico dei tre, gli altri due tacevano, uno era anziano ma l’altro era decisamente più giovane con lunghi capelli sciolti e divisa da ammiraglio..
Dopo un po’, come dimentichi della presenza di Landolfi, ripresero distrattamente a parlare:
“Battistello non arriva…..”
“Starà perso dietro ad un suo sogno di pittura…”
“Ancora non si persuade che quello che dipinge non rimane…”
“Ma neanche quelli arrivano…”
“Forse abbiamo sbagliato il tempo…”
“Il posto è questo, prima o poi arriveranno…”
“Io non li ho mai visti, come sono?” chiese il meno antico dei tre, quello in divisa da ammiraglio.
“Tangheri traditori, ecco come sono. Non dico il sarto e le sue donne, il nostro popolo deve pur vivere e si barcamena tra le beghe dei potenti, ma quel Carafa è stato un infame….” rispose accalorandosi il più antico.
“Perché? era meglio cadere per fame? Era meglio la lotta tra le famiglie? Tu ne sai qualcosa…e anche di tradimenti!”
“Come osi, tu che hai tradito il tuo re!”
“E tu allora che hai tradito la tua regina?”
“Calma, giovanotto, non mancare di rispetto al Gran Siniscalco, che è più antico e più anziano di te.” Intervenne il più vecchio dei tre, un gentiluomo del Settecento dall’aria stanca e malata. “Parla, Gran Siniscalco, ripetici la tua verità.”

(1.continua)