Il lunedì mattina il commissario, senza pietà né rimorso, svegliò Sirica alle sei e mezzo e gli fece una bella strigliata perché la sera prima si era reso praticamente irreperibile.
“Commissario, mi dovete scusare,sono andato a pranzo da mia sorella e mi sono trattenuto fino a tardi, sapete, non è che ci vediamo tanto spesso e avevo lasciato a casa il telefonino.”
“Va bene, lasciamo stare. Ti aspetto alle sette in ufficio.”
“Ma commissario, datemi il tempo di farmi un caffè! Facciamo alle sette e mezzo.”
Sirica fu puntuale, ma non aveva nessuna voglia di lavorare,andò a prendere il caffè per tutti e due, si informò sulla salute di Marinella, su clima, sulla durata del viaggio e sul trafffico tanto che il commissario cominciò a pensare che non avesse il coraggio di dirgli che lo aveva fatto tornare un giorno prima inutilmente.
Improvvisamente nel corridoio si sentì uno scoppio di applausi e di voci. Sirica si agitò sulla sedia e con aria noncurante disse:
“Deve essere arrivata Minardi…”
“E ancora fa questo effetto sui colleghi?” chiese incredulo il Commissario.
“Non lo so, vado a vedere.” E Sirica schizzò fuori dalla stanza.
Dopo poco rientrò trionfante portando con sé l’agente Minardi.
“Ecco le novità di cui vi parlavo. Dai, Ester, racconta.”
L’agente si sedette sulla sedia che Sirica le porgeva sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, poi con un sorriso imbarazzato cominciò:
“Veramente non so se considerarlo il più grande abbaglio della mia vita o un successo. Fuori stanno ancora ridendo alle mie spalle…Il fatto è che ero convinta di essere riuscita ad incastrare una banda di spacciatori invece, quando sabato sera li abbiamo portati in questura, abbiamo scoperto che nel pacchetto che questi ragazzi si erano scambiati c’erano dei CD falsi. Sembrava una cosa abbastanza innocua anche se non proprio legale ma io avevo visto passare di mano anche soldi, diciamo varie banconote da dieci e i dischi nell’involto sequestrato erano soltanto due. Io ancora credevo che c’entrasse la droga e ho detto così per provocarli: E che sono d’oro che costano tanto? E uno si è lasciato scappare un “quasi”e gli altri lo hanno subito zittito. Allora mi sono insospettita e ho chiamato il collega che si occupa di queste cose e così abbiamo scoperto che si trattava di musica registrata illegalmente. Ogni CD contiene varie ore di registrazione e, cosa che per questi ragazzi vale di più, si tratta di brani non ancora in commercio, almeno in Italia. Insomma ieri mattina abbiamo continuato le indagini e abbiamo scoperto che venivano prodotti in un laboratorio molto sofisticato, dove registrano la musica con i computer, tramite internet. L’abbiamo messo sotto sequestro cautelare perché, come lei sa, è difficile in questi casi stabilire i capi di imputazione, pur essendo evidente la loro natura dolosa.”
“Complimenti, Minardi, penso che lei abbia messo le mani su qualcosa di più grande di una piccola banda di spacciatori. Questi sono i reati del terzo millennio e noi ci dobbiamo preparare a fronteggiare la nuova emergenza. Ancora complimenti” Poi il commissario si rivolse a Sirica: “Non vedo il nesso tra questa brillante operazione ed il delitto Gargiulo.”
“Aspettate, aspettate…dai, Ester, continua!”
“Si, commissario, adesso ci arriviamo. Dunque io stavo già tenendo d’occhio i ragazzi che si riuniscono davanti alla chiesa di San Giovanni a Carbonara, proprio nella zona del delitto Gargiulo, quando il collega Sirica mi chiese di controllare i movimenti di una certa Leopoldi Giuditta, Judy per gli amici. Ebbene, la sera del delitto, il venti, verso le ventidue e quindici, avevo seguito una ragazza ed un ragazzo che dalla piazza si erano recati in quello che poi abbiamo scoperto essere il laboratorio informatico. Vi si erano trattenuti per circa mezzora, erano poi tornati nella piazza da dove in seguito si erano allontanati separatamente, ma comunque dopo le ventitre. Quando sabato abbiamo portato in questura il gruppo di cui le ho parlato, abbiamo scoperto che tra di loro c’era non solo Giuditta Leopoldi ma anche Alessandro Bisca e che erano proprio i ragazzi da me seguiti la sera del delitto.”
“Insomma, commissario – disse Sirica – il figlio della nostra signora Bisca ha un alibi di ferro ma non lo sapeva.”
“Soprattutto – intervenne la Minardi – non lo poteva dire alla madre che non vuole che lui frequenti Judy mentre i due sono molto amici o qualcosa di più.”
“Ma no, – replicò il commissario – la studentessa deve essere molto più grande del ragazzo!”
“Eh commissario! – fece Sirica con aria di sufficienza – come siete arretrato! oggi le donne non ci badano più a queste cose, adesso uno gli piace e questo basta.”
“Mentre voi discutete di gusti femminili io, chiedo scusa, vorrei rivedere il rapporto che ho scritto, posso andare, commissario?”
“Certo signora, grazie e ancora complimenti.” Il commissario si alzò anche lui con la sua gentilezza d’altri tempi.
Rimasti soli i due uomini chiusero la porta, spalancarono la vetrata e con aria da cospiratori si accesero una sigaretta. Erano entrambi ex fumatori orgogliosi di esserlo ma quando dovevano fare il punto di una situazione difficile ricorrevano alla vecchia, cara abitudine come ad un rito propiziatorio.
“Direi – iniziò a dire il commissario – che dobbiamo ripartire praticamente da zero. Come al solito tutte le persone vicine ad un delitto hanno qualcosa da nascondere senza per questo essere degli assassini. Sui figli e sull’avvocato Danese non è uscito niente, non è vero?”
Sirica aspirò voluttuosamente prima di rispondere: “Mario Gargiulo, il medico, è una bravissima persona a detta di tutti. Angelo ha problemi economici, non perché guadagni poco ma perché ha un livello di vita troppo dispendioso e soprattutto gioca, non moltissimo, ma comunque ha un tavolo di poker di un certo livello. Però era sicuramente a Milano quella sera e soprattutto, secondo me, non aveva nessun motivo di fare fuori il padre, che tutto sommato, lo aiutava per quel che poteva. Quanto all’avvocato abbiamo saputo che è anche l’amministratore del palazzo ed è in buoni rapporti con tutti. Landolfi lo ha tenuto d’occhio per quasi una settimana e una volta si è incontrato a Mergellina con Corrado Bisca ma pare che lui fa normalmente studio allo chalet…Commissario! mi state a sentire o no?”
Il commissario, la sigaretta ormai consumata tra le dita, si era perso dietro vaghi pensieri contemplando la sua amata Certosa, così bianca tra il verde della collina e l’azzurro del cielo. Al richiamo di Sirica si riscosse:
“Prima hai detto una cosa che mi ha fatto pensare. Se l’avvocato Danise è l’amministratore, forse ha le chiavi dell’appartamento e se a rompere i sigilli non è stato Alessandro Bisca, come ero convinto, allora potrebbe essere stato lui.”
“Si, potrebbe, come pure i figli che hanno dichiarato di avere anche loro le chiavi, ma per tutti e tre ci manca il movente, se non lo hanno ucciso loro,poi perché dovevano entrare di nascosto? Non ha senso.”
I due uomini rimasero silenziosi per un poco, poi il commissario disse improvvisamente: “Andiamo dal tabaccaio.”
“Commissario, una sigaretta ogni tanto va bene, ma se vi volete rimettere a fumare io non vi seguo.”
“Non fare lo spiritoso, dobbiamo andare a parlare con Valerio Moccia. E’ la nostra ultima speranza. Una grossa vincita potrebbe essere un movente per tutti. Andiamo!”
“Aspettate, facciamo venire lui qua. Se andiamo un’altra volta nel negozio quello si indispone e non ci dice niente. Sapete i giocatori sono supestiziosi se ci vedono troppo spesso non ci vanno a giocare più in quella ricevitoria.”
“Va bene, fai come vuoi, ma fallo venire al più presto.”

(11.continua)