Passò una bellissima giornata, la zia gli preparò il suo pranzo preferito, zuppa di fave e carciofi mammarelle alla brace, Marinella, intuendo una segreta malinconia, fu particolarmente tenera tanto che il commissario fu quasi sul punto di chiederle di sposarlo, e sul far della sera tornò in città. Era ormai sulla tangenziale quando Sirica lo chiamò al cellulare:
“Commissario, ma che fine avete fatto?”
“Non ti preoccupare, ho lavorato. Ho capito perché hanno ucciso la signora Palumbo!”
“Ah sì? E sarebbe?”
“Nostalgia, Sirica, l’hanno uccisa per nostalgia.”
“Ma quale nostalgia, commissario, il movente lo abbiamo trovato noi. Sotto la casa della signora c’è un tesoro!”
“ Arrivo.”

Poco dopo il commissario e Sirica stavano fuori al terrazzo del commissariato intenti a fumare clandestinamente. In verità nessuno dei due fumava ma si erano convinti che, quando c’era un enigma da sciogliere, chiedere di nascosto due sigarette a Landolfi e accendersele di nascosto fuori al terrazzo li aiutasse ad avere la mente più sveglia.
“Un giorno di questo gliene dovrei regalare un pacchetto.”
Disse il commissario svagatamente, controllando con lo sguardo che la stazione marittima sulla sinistra e la Certosa di San Martino sulla destra fossero sempre alloro posto.
“Per carità, commissario, lo offendereste! Allora, devo raccontare per sommi capi o come piace a voi con tutti i dettagli?”
“Con tutti i dettagli, Sirica, senza fretta. Si sta così bene qua fuori!”
“Allora, dovete sapere che mio zio Mariano faceva il muratore e quando era piccolo mio cugino Gaetano gli portava il pranzo sul cantiere e…”
“E non esageriamo con questi dettagli, Sirica!”
“Questo non è un dettaglio inutile, commissario, serve per farvi capire che lui veramente non ne sapeva niente del tesoro. Stavo dicendo che a Gaetano andando sui cantieri gli era venuta una fissazione per le piante delle case, sapete quelle carte che tengono gli ingegneri o gli architetti, insomma quelle lì, tanto che aveva pure cominciato a studiare da geometra poi fece il guaio e si dovette mettere a lavorare con il suocero nella salumeria…”
“Sirica, non ti seguo. Che guaio ha fatto tuo cugino?”
“Mise incinta la moglie o meglio lei si fece mettere incinta per costringerlo a sposarsi…Commissario, non è che per sposarvi anche la signorina Marinella deve…ho capito, è inutile che fate quella faccia, è meglio che torniamo a mio cugino. Allora stavo dicendo che lui per addormentarsi disegna mentalmente piante di appartamento e ieri sera cercava di ricostruire il piano terra del palazzo in questione e si è accorto che ci doveva essere per forza una stanza nascosta, è andato a controllare ed infatti era proprio così. Nella casa della signora Palumbo, dietro un armadio c’era un vano con una botola chiusa con un catenaccio, lui ha trovato le chiavi in cucina, l’ha aperta facilmente e ha visto degli scalini che portavano giù, ha cominciato a scendere quando si è accorto che in fondo si vedeva una luce molto fioca.
Veramente a quel punto già si moriva di paura comunque è andato avanti e si è trovato in una grotta, sapete, quelle che ci sono sotto a Napoli, che Landolfi va ad esplorare con la sua associazione, ma la cosa più spaventosa è che ha visto questa grotta enorme e buia, solo un vecchio candeliere illuminava appena tre fantasmi seduti intorno ad una cassa con in mano degli oggetti d’oro che luccicavano …”
“Ma dai, Sirica, che vai raccontando!”
“Vabbè, poi si è accorto che erano persone vive ma all’inizio sembravano proprio dei fantasmi, seduti intorno ad una cassa, con quella luce bassa bassa. Lui si è così spaventato che ha fatto rumore allora quelli sono schizzati in piedi ancora più spaventati e così alla fine si sono riconosciuti. Mio cugino chiedeva: voi da dove siete entrati e quelli dicevano ma tu da dove sei entrato, insomma alla fine si è scoperto che quella grotta ha un altro ingresso dalla bottega del falegname che sta quattro palazzi più giù, ci pensate, Commissario, quando lo ha sentito Landolfi è corso subito, mo’ sta là con quelli dell’associazione…”
“Come sarebbe quelli dell’associazione… e la scientifica?”
“Sono venuti e si sono pure arrabbiati con mio cugino perché aveva toccato dappertutto ma lui che ne poteva sapere che lì sotto c’era il movente di un delitto. Comunque stanno ancora facendo dei rilievi e avevano bisogno di sapere delle cose su queste cavità sotterranee e così Landolfi e i suoi amici stanno dando una mano . Ma tutto questo è successo stamattina, mentre voi inseguivate farfalle e poesie, mio cugino mi ha chiamato alle cinque di mattina, io prima di chiamarvi a quel ora sono andato a vedere e tra una cosa e l’altra si è fatto tardi e quando vi ho cercato voi tenevate il cellulare staccato, ma dove siete stato? Che è ‘sto fatto della nostalgia?”
“Poi ne parliamo, non sono del tutto sicuro che la mia sia un’idea sbagliata. Per ora voglio parlare con questi signori fantasmi ed anche con tuo cugino. Ed ora raccontami di questo tesoro, in che consiste?”
“Commissario, è veramente un tesoro, non tanto per dire, se apparteneva alla vittima ne ha rovinato di gente: è un baule, di quelli che le donne anticamente ci tenevano il corredo ed è pieno di oggetti preziosi, sopra ci stanno cose d’argento, vassoi, servizi da te, brocche, soprammobili, posate di tutte le forme e sotto ci stanno i gioielli, e che gioielli, pietre mai viste, bracciali, collane, coralli…”
“Calma, Sirica, calma… e quando lo portano via?”
“Non credo che ce la fanno per stasera, comunque Landolfi già si è offerto di fare lui la guardia stanotte.”
“Lui solo? A me farebbe una certa impressione stare da solo sottoterra!”
“Magari qualche amico gli fa compagnia, quelli sono fanatici…”
“Senti, mi è venuta un’ idea, quando se ne va la scientifica, mettiamo un po’di sigilli agli ingressi e diamo l’impressione che non c’è più nessuno, vediamo che succede.”

La mattina dopo il commissario, seduto alla sua scrivania, guardava i tre convocati, chiedendosi chi di loro fosse così malato di nostalgia e pieno di odio da arrivare ad uccidere una povera donna indifesa. Era sempre più convinto che del delitto il tesoro fosse la causa scatenante non quella remota, come si diceva a scuola di una guerra. Quelli davanti a lui, in silenziosa attesa, gli sembravano tre brave persone, non tanto giovani, stancate dal lavoro e dalla vita ma non incattivite. Quello più disinvolto si era seduto al centro e si chiamava Rispo Giuseppe e faceva il falegname, a destra sedeva Lemmo Ciro, disoccupato storico da poco assunto nella Raccolta Differenziata, il terzo era quasi famoso in città, vendeva da anni taralli e noccioline sul lungomare, sempre allo stesso posto e con qualsiasi tempo, si chiamava Cosimo Pasquale e, in un passato quasi dimenticato, vendeva se stesso al corso Vittorio Emanuele.
“Cominciamo dall’inizio: chi di voi e quando ha scoperto il tesoro?”
“In realtà lo abbiamo trovato noi tre insieme – rispose Giuseppe Rispo – ma del ricovero lo avevo saputo io. Ora vi spiego: due o tre anni fa, non mi ricordo bene comunque era ancora vivo mio padre, mio figlio Gianni doveva fare delle domande sulla guerra al nonno, sapete quelle cose che fanno fare a scuola e così venni a sapere che proprio dove io ora ho la bottega c’era l’ingresso del ricovero dove si nascondevano durante i bombardamenti. Un giorno, quando è stato? Un paio di mesi fa?- chiese agli amici- comunque stavamo nella bottega, loro mi aiutavano a finire un lavoro e intanto facevamo due chiacchiere e non so come venimmo a parlare della guerra e io mi ricordai del ricovero e glielo dissi e così parlando ci venne la curiosità di vedere come era e ci mettemmo a cercare dove poteva essere l’ingresso e poi spostando delle mensole e delle vecchie tavole trovammo un arco murato in fondo alla bottega e così qualche giorno dopo che era festa ci mettemmo a rompere il muro con un piccone e trovammo le scale che portavano sotto. Poi nei giorni seguenti abbiamo cominciato ad esplorare ‘ste grotte che non finiscono mai, abbiamo trovato un sacco di cose vecchie ma senza valore finché un giorno abbiamo trovato la cassa. Vogliamo precisare due cose: primo, là sotto si perde l’orientamento e il senso delle distanze e noi non sapevamo di essere sotto la casa della signora Palumbo. Secondo, noi abbiamo aperto la cassa perché non pensavamo che appartenesse ancora a qualcuno, ci credevamo che era abbandonata come tutte quelle altre cose, poi quando abbiamo visto tutta quella ricchezza, la verità, commissario, pensavamo di aver risolto un po’ di problemi, qua teniamo tutti famiglia e il mese non finisce mai!”
“Volete dire che avete preso qualcosa?”
“Ma no, commissario-intervenne Sirica – si fa per dire e poi se anche avessero preso una o due catenine, ormai le avrebbero già vendute e pure finito i soldi, quindi che ne parliamo a fare. Comunque ora abbiamo un elenco dettagliato con descrizioni e fotografie e stanno controllando se è refurtiva recente o se invece è proprio quello che pensiamo.”
“Ho capito, sorvoliamo. Allora, che facevate lì ieri notte?”
“Come vi ho detto noi non sapevamo che il tesoro stava sotto la casa della signora Palumbo e che poteva appartenere a lei, ma quando l’hanno uccisa, qualcuno si è ricordato che durante la guerra c’era una donna che con il mercato nero si era arricchita, poi quella catena d’oro ci sembrava di averla vista e allora ci è venuto il dubbio e siamo andati a controllare. Quando abbiamo visto che mancavano solo la catena e una spilla, vi dico la verità commissario, abbiamo tirato un sospiro di sollievo perché, è inutile negarlo, ma ognuno di noi pensava che uno degli altri poteva essere l’assassino, capite per prendersi tutto. Poi abbiamo sentito un rumore e ci siamo messi una bella paura, io ho pensato che la vecchia tornava a riprendersi i suoi gioielli e invece era don Gaetano il salumiere che era sceso proprio da quella casa e poi vi ha chiamato.”
Il commissario guardò gli altri due che senza mai interrompere avevano confermato il racconto con cenni ed espressioni varie.
“Se non avete niente da aggiungere, per me basta così. Sirica, accompagnali dall’ispettrice Minardi e dille di farsi raccontare da ognuno di loro che facevano i genitori durante la guerra. Poi mi fa una bella relazione e me la porta. Noi invece andiamo a vedere queste famose caverne, mi avete fatto venire la curiosità.”

(6.continua)