Quella notte il commissario sognò la Morgia delle Fate, un luogo della sua infanzia, sognò di arrivarci di corsa perché Marinella gli aveva detto che il nonno era tornato e lo aspettava lì. Lui si inoltrava nel labirinto di massi giganteschi emersi per erosione dalla distesa uniforme del pascolo ma il nonno non c’era. Poi stava nella stalla e vedeva Marinella che mostrava a Sirica un vitellino e diceva: “Vedi come è bello, è nato stanotte.”
Svegliandosi prima pensò che era un sogno stupido poi gli venne in mente il racconto di Sirica sul cugino costretto a sposarsi dall’arrivo di un figlio e corse a telefonare a Marinella per rassicurarsi e mentre ascoltava la voce assonnata ma così serenamente normale della fidanzata si sentì un verme.
Arrivò in ufficio in ritardo e di pessimo umore, si chiuse nella sua stanza e per un poco nessuno osò disturbarlo.
Fu Ester Minardi la prima a bussare leggermente alla sua porta, senza attendere risposta entrò, si sedette comodamente sulla poltroncina di fronte al commissario e, indifferente al saluto appena educato, disse:
“Legga qui, commissario, questo libro è una miniera di informazioni, le ho messo i segni alle pagine.”
Lasciò il libro sulla scrivania e, con la stessa disinvoltura si alzò e lo lasciò solo. Luigi Dauria era sempre intimidito dalla sua bella ispettrice perciò, anche se era uscita, non osò disobbedire, prese il volume e cominciò a leggere.
Maria C. anni 94: “…Una cosa molto triste che mi ricordo è la morte di una donna con una figlia piccola che era andata a comprare dell’olio e altre cose al mercato nero e non ce la fece ad arrivare al ricovero e fu colpita da una bomba e morì. Questa cosa è successa proprio nella nostra strada e non so che fine ha fatto la bambina che era viva, mi pare che la portarono dalle suore….”
Tommaso M. anni 80: “… Il quattro agosto fu il bombardamento più terribile, le fortezze volanti bombardarono per un’ora e un quarto, scaricarono alla cieca centinaia di bombe incendiarie, fu allora che distrussero Santa Chiara, poi non contenti scesero a bassa quota, forse erano altri aerei, non lo so, e mitragliarono la gente per la strada e nel nostro vicolo furono colpiti due giovani, una donna e una bambina, i ragazzi furono solo feriti ma la donna morì e mi ricordo che nessuno la conosceva e non sapevano che fare con la bambina così, dato che nessuno se la voleva prendere, non per cattiveria ma perché di quei tempi già non c’era da mangiare figurati una bocca in più da sfamare, insomma si decise di portarla dalle suore che se la presero. Non so che ne è stato poi di quella bambina, mi ricordo che stava zitta e tutta rigida, non piangeva, si faceva portare senza protestare come se non capisse, poteva avere quattro,cinque anni, povera creatura chissà che fine ha fatto….”
Ciro S. anni 65: “…La cosa più terribile che mi ricordo è la fame, perciò mi arrabbio quando tua madre ti permette di fare i capricci col mangiare, la fame, la vera fame è brutta, ti fa fare cose cattive. Un mio fratellino appena nato è morto perché mia madre non aveva il latte perché non mangiava, quel poco che trovava lo dava a me e a mia sorella, le altre donne glielo dicevano, devi mangiare, tu lo perdi a questa creatura, ma lei che doveva fare, e pure io, me lo dicevano ma io ero piccolo, non capivo…Le uniche che ci hanno veramente aiutato sono le suore del convento qua vicino, loro erano buone ci davano sempre qualcosa e mia madre mi ha detto che una volta si presero una bambina che era rimasta sola dopo il bombardamento che ti ho detto e nessuno sapeva chi era e la portarono al convento e loro se la presero e poi una volta, molto tempo dopo, qualcuno mi ha detto che è rimasta con loro perché non si è mai scoperto chi era, ma non so se è vero.”
Il commissario interruppe la lettura e chiamò i suoi che arrivarono subito e, con un sospiro di sollievo, presero posto intorno alla scrivania. Sirica, poggiando un vassoio sul tavolo, disse: “Ho portato caffè e cornetti per festeggiare.”
“Che cosa?” chiese il commissario che non capiva mai gli scherzi del suo agente.
“Niente, Commissario, diciamo lo scampato pericolo, stamattina tenevate una faccia! Piuttosto, perché ci avete convocato?”
“L’ispettrice Minardi ha scoperto chi ha ucciso la signora Palumbo.”
“Ah! E chi sarebbe?”
“Questo non si sa.”rispose il commissario
Sirica e Landolfi si guardarono, ma il loro capo continuò imperterrito: “Sirica aveva ragione questo è una storia di donne, l’assassina è una bambina o almeno lo era il quattro agosto del 1943.”
“Siete proprio sicuro, commissario?”
“Sicurissimo, sta scritto qui- Luigi Dauria batté la mano sulle pagine aperte del libro – mettendo insieme le diverse interviste la signora Minardi ha scoperto una storia avvenuta in vico Fiorito ai tempi della guerra. Ve la racconto o preferite leggervela voi?”
“No, no” disse Sirica, spaventato all’idea di dover leggere un libro.
“Raccontate voi.” disse più gentilmente Landolfi.
“Allora – il commissario allungò le gambe sotto la scrivania – siamo in piena guerra per il mondo, ma quasi alla fine per Napoli che viene continuamente bombardata dagli Alleati. La gente è spaventata e affamata, le famiglie si spogliano di tutto pur di trovare qualcosa da mangiare per i propri figli. Il quattro agosto 1943 ci fu un bombardamento più feroce del solito…”
“Questo lo so – intervenne Landolfi – fu quando venne distrutta Santa Chiara.”
“Bravo, proprio così, ma quel giorno in vico Fiorito avvenne un’altra tragedia: una donna si recò dalla signora Palumbo per acquistare del cibo, una bottiglia d’olio e forse qualche altra cosa, pagando con una spilla preziosa, una spilla a forma di farfalla, forse un caro ricordo per lei, ma non esitò a sacrificarla per nutrire la sua bambina. Uscendo dalla casa della Palumbo sentì suonare la sirena dell’allarme, non era del vicolo quindi non capì subito dove rifugiarsi o forse la bambina che portava per mano le rallentava il passo, certo non fece a tempo a scendere nel ricovero sotto la falegnameria, venne colpita dallo spostamento d’aria secondo alcuni, da una mitragliata secondo altri. Certo la gente, uscendo dal ricovero quando cessò l’allarme, la trovò morta in un lago di sangue e di olio. La bambina era illesa ma muta ed inerte come impietrita dal terrore. Nessuno conosceva la donna, forse veniva da lontano, la bimba non parlava, così si decise di affidarla alle suore del convento vicino che la tennero con loro perché non si sapeva chi era. Passano gli anni, la bambina diventa una donna, forse ha una sua vita, ma il cuore è rimasto fermo al momento in cui ha visto morire la mamma. Un giorno, non sappiamo come, a casa della signora Palumbo vede la spilla a forma di farfalla, riconosce la strozzina di quel giorno lontano, in un attimo rivive la tragedia della perdita, viene presa dall’angoscia per quello che poteva essere e non era stato, sente tutto il dolore per un impossibile ritorno, viene travolta dall’odio per quella che ai suoi occhi è l’assassina di sua madre e della sua infanzia e allora si vendica, la strangola con una catena d’oro poi si riprende la spilla della madre e fugge.”
(10. continua)