Gennaro era nato in terra di camorra, figlio di camorra: il padre era morto che lui stava ancora nella pancia di sua madre, ultimo di quattro figli, tutti maschi. Puntualmente ogni mese era arrivato l’aiuto della camorra, finché i fratelli si erano fatti grandi. Non è che avessero molta scelta e nemmeno lui ce l’aveva ma finora era riuscito a tenersi pulito. Non aveva niente contro quella vita, era cresciuto tra droga e armi, ma fin da piccolo non capiva l’euforia dei fratelli quando tenevano una nuova pistola. A quattordici anni aveva smesso di andare a scuola, era arrivato alla seconda, la scuola non gli piaceva, le professoresse chiamavano continuamente sua madre, una volta lei aveva detto a suo fratello più grande: ma queste che vogliono da me.
Il fratello si era preso il foglietto e c’era andato lui, da allora non lo avevano più scocciato. Quando aveva smesso di andare a scuola i suoi fratelli lo avevano portato a sparare, all’inizio sbagliava veramente poi l’aveva fatto apposta, alla fine quelli ci avevano rinunciato. Non è cosa, avevano detto, vuol dire che ti troviamo qualche altra cosa. Allora lui si era inventato la storia del pugilato, era alto e robusto per la sua età e il prof di fisica a scuola glielo aveva chiesto un sacco di volte di andare alla palestra così ci andò e, dato che non ci voleva molto a vincere con quelli lì, subito avevano detto che poteva diventare un campione, così i fratelli lo avevano lasciato in pace.
A lui non gli piaceva fare a pugni, lo sapeva che non aveva la rabbia giusta per diventare un vero pugile. A volte si chiedeva che cosa gli piaceva e non trovava niente, solo Cristina. Cristina era la sua innamorata da sempre, da quando stavano a scuola, lui per la terza volta in seconda e lei in prima. Era brava Cristina, si era perfino iscritta alle superiori, una cosa che c’entrava con il turismo, diceva che poi si apriva una agenzia di viaggi.
Lui era geloso, quando la andava a prendere a scuola e vedeva quei ragazzi con gli zaini che le stavano attorno, lei non li curava, appena lo vedeva correva da lui ma se poi si accorgeva di quanto era ignorante e faceva i paragoni e lo lasciava, non ci poteva nemmeno pensare, così gli era venuto in mente il fatto del figlio, se avevano un figlio lei certo non lo poteva lasciare, si dovevano sposare per forza. Lei prima aveva detto: sei scemo tengo sedici anni poi lui l’aveva convinta e aveva detto: va bene così mio padre e mia madre la smettono di starmi addosso, però prima ti devi trovare un lavoro, un lavoro vero, non voglio restare vedova giovane come tua cognata.
Qualche mese prima, gli amici erano venuti a prenderlo alla palestra, condoglianze gli avevano detto e lui aveva pensato quale, quello che alle partite del Napoli se lo prendeva sulle spalle o quello che lo metteva in croce chiamandolo femminiello o quello patito dei neomelodici. Aveva ragione Cristina, lui quella guerra non la voleva combattere. Per prima cosa si doveva prendere la terza media, aveva detto Cristina, non ti preoccupare, ti aiuto io. Ma la scuola non era cosa per lui, pure alle serali era più le volte che non ci andava, così lo volevano bocciare, poi era successo il miracolo: un militare che veniva alla palestra e si era fissato con lui, diceva sempre: riga dritto che ti tengo d’occhio, una sera aveva detto: ce l’hai la terza media? E’ uscito il bando per l’arruolamento, se vuoi ci metto una buona parola. A scuola non ne volevano sapere di aiutarlo, una aveva detto: tu ci credi che si arruola? questi sono fiori del male, non c’è speranza e un’altra: meglio passare per scemi che negare una possibilità.
Alla fine se l’era presa la licenza e l’avevano pure preso nell’esercito. Aveva fatto tutto di nascosto, quando disse che partiva a casa scoppiò la guerra, i fratelli non lo salutarono nemmeno, solo la madre lo baciò e disse: non farci vergognare.
Lo avevano mandato al Nord, ma non troppo lontano, poteva tornare spesso così Cristina era rimasta incinta, ora avevano una casa loro. I soldi erano pochi e allora quando gli proposero di fare un corso per partecipare alle missioni internazionali lui accettò. Alla fine erano riusciti a farlo studiare, ma ora sapeva a che serviva. Sei mesi prima era partito per l’Afganistan.
Cristina aveva lasciato il bambino alla madre, aveva fatto venire la sua amica estetista che le aveva fatto la ceretta e una nuova pettinatura, voleva fargli una sorpresa, domani lo andava a prendere a Roma, doveva prendere il treno alle sette e venti. Mentre si stirava il vestito vedeva il quiz sul primo canale, le piaceva provare a rispondere alle domande, cominciò il telegiornale, lei non lo sentiva mai ma non fece in tempo a cambiare canale: Attentato in Afganistan, coinvolto il contingente italiano, due morti e quattro feriti.
Cambiò canale e alzò tutto il volume, si rannicchiò sul divano e mise la testa tra i cuscini.
Finché non me lo dicono non è successo, pensava e poi ancora: maledette tutte le guerre, maledetti tutti.
Al di sopra del rumore della televisione squillò il telefono.
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